gioie e dolori del self publishing a fumetti

Meraviglie e dolori del self publishing.

ATTENZIONE: questo articolo è stato pubblicato il 22/03/2021. Alcune informazioni inerenti a piattaforme esterne potrebbero essere cambiate; le linee guida generali però rimangono sempre valide.

I fumetti non sono sempre stati online, e non sempre lo sono stati gratis. C’è stato un momento, qualche anno fa, dove sembrava che i fumetti gratuiti online dovessero essere il futuro. In molti ci credevano. I motivi principali erano due: nessun costo di stampa e un pubblico potenzialmente infinito. La terra promessa di qualsiasi esordiente.

Inutile tanto girarci attorno, uno di quei giovani artisti con gli occhi luccicanti ero io. E ci credevo davvero.

Le gloriose riviste contenitore.

In passato, quando ancora non esisteva internet, uno dei modi più efficaci per un giovane fumettista di entrare nel giro era collaborare con una rivista contenitore. Linus, il Corriere dei Ragazzi, Eureka, l’Eternauta… Queste riviste furono incubatori di nuovi talenti, delle vere e proprie palestre dove una nuova promessa fumettistica poteva allenarsi e crescere come autore e come professionista. Le grandi case editrici tenevano costantemente d’occhio queste realtà, e quando qualche fumettista promettente acchiappava la loro attenzione gli offrivano pubblicazioni più corpose, lo mettevano al lavoro su una serie famosa o addirittura gli offrivano carta bianca per creare i suoi lavori. Questo sistema era rodato anche nella narrativa: Asimov, Lovecraft, Howard, Bradbury, per citarne alcuni, devono i loro successi alle riviste contenitore.

Ogni tanto si sente ancora qualche nostalgico che decide di investire su nuove riviste contenitore da portare in edicola. È come un ussaro a cavallo a cui cercano di spiegare che gli attacchi frontali contro le mitragliatrici sono un suicidio, ma che ci può fare, è stato cresciuto così, l’importante è morire con onore, con la spada in mano.

L’alba dei fumetti gratis online.

Internet ha cambiato tutto. Con le riviste morte e sepolte, l’unico modo per un giovane fumettista di farsi le ossa è sbarcare nella follìa di internet. Quando ho terminato scuola comics, nel 2011, il ruolo delle riviste contenitore si era incarnato nei siti di fumetti gratis online. In realtà non erano affatto male come idea, tanto che anche oggi un collettivo di giovani autori decide di spendere qualche soldino e di investirlo in un sito web. Potrei citarne molti, e con qualcuno ho anche collaborato. Qual è, però, il principale effetto collaterale di queste aggregazioni? È ovvio: non ci si guadagna nulla.

La visibilità è l’oppio degli emergenti.

I principali gestori (webmasters, scusami) di questi portali ti cingevano un braccio attorno al collo e indicavano l’orizzonte: “verrai pagato in visibilità!”, ti sussurravano all’orecchio. E tu ci credevi.

Per “visibilità” uno sbarbatello come me intendeva “tu fai belle tavole che sicuramente qualche casa editrice ti metterà gli occhi addosso”. Eh, beata ignoranza. Ad alcuni è andata bene, per carità. Non ci voleva però un genio a capire che con la visibilità non ci mangiavi.

File interminabili alle fiere.

Tantissimi ragazzi e ragazze vedono di malocchio questi siti web e si accalcano nelle aree self delle fiere o tartassano le mail delle case editrici per ottenere un piccolo lavoro. Indovina un po’? L’ho fatto anche io. Anche qui, stesso discorso: i pochi (pochissimi) che riescono ad entrare, molto spesso fanno piccoli lavori, ma poi tornano allo stesso punto di prima. Rari eletti riescono a fare carriera. Per i restanti rimane nello stomaco un malessere, un senso di impotenza e una rabbia contro “il sistema” che comincia a far rabbrividire. Alcuni dicono che è colpa delle case editrici. Altri, dei pochi fumettisti eletti che fanno di tutto pur di rimanere saldamente al loro posto. Altri ancora, dei lettori, sempre più pigri e dai gusti pessimi. Non è colpa di nessuno, ovviamente.

Il self publishing sarebbe la soluzione?

Una delle armi in dotazione a un fumettista esordiente è il self publishing, l’autoproduzione. Diciamo la verità, questa c’è sempre stata, ma ultimamente, complice anche la popolarità del crowfunding e dell’abbassamento dei costi delle stamperie digitali, produrre da soli il proprio fumetto è sempre più alla portata di tutti. I banchi delle fiere si sono popolati di queste nuove realtà, così come gruppi e pagine sui social promuovono le loro creazioni cartacee. Sembrerebbe il paradiso, in effetti. E lo pensavo anche io! Dopo moltissime ricerche e studio del settore, però, vorrei illustrare qualche dato.

Stampare con Iva o senza Iva.

Stampare un libro, anche qualora si fosse affrontata in maniera brillante l’impaginazione e l’editing del proprio fumetto, è una cosa abbastanza facile. Ci sono centinaia di stampe digitali online che ti possono dare in pochi click tutti i preventivi che vuoi e il loro relativo costo, totale e cadauno, su tutti i fumetti che desideri produrre. È solo una questione di avere i soldi da investire. Già qui, però, c’è una grande differenza: stampare 100 copie al 22% di iva, come farebbe qualsiasi privato/azienda, è un conto. Stampare al 4% di iva perché muniti di codice ateco editoriale, è un altro. Forse su 100 copie 22 euro non sono molti, ma lascio a te il calcolo su somme più importanti. Secondo punto a cui pensare: la distribuzione! Beh, ci sono quattro alternative possibili: la vendita diretta, la vendita online, affidarsi a un distributore e i formati digitali.

La vendita diretta.

Per la prima non ci sono grossi impedimenti, basta andare ad una fiera e vendere direttamente il proprio prodotto. Però, bisogna calcolare il viaggio ed eventualmente alloggio (non vorrai fare solo una toccata e fuga), il tavolino in area self (va dai 150 ai 300 euro giornalieri, da dividere con altri self, se si fa gruppo) e tanta, tanta pazienza. È sicuramente una mossa intelligente se si punta a farsi conoscere e a entrare in contatto con i propri followers e potenziali clienti. I guadagni? Sei in perdita. Ci potrebbero essere dei possibili guadagni solo se ci fosse una fiera a settimana (forse) e a poca distanza da casa, ma considerando che ci sono 4 o 5 fiere l’anno davvero essenziali, direi che non ci siamo affatto.

La vendita online.

La terra promessa del XI secolo. Durante il covid la vendita di prodotti online è aumentata esponenzialmente, e moltissimi hanno pensato bene di aprire il proprio negozio digitale con wordpress o servizi a pagamento. Peccato che tutti si scordino di dire che quelli che DAVVERO ci hanno guadagnato sono Amazon, Ebay, Mediaworld, Zalando e altri giganti del web. Comunque sia, aprire un negozio digitale è tutt’altro che semplice. Dal punto di vista burocratico è una giungla: è necessaria la partita iva? Secondo alcuni sì, secondo altri, se si vendono esclusivamente prodotti del proprio ingegno, no. O forse si, ma non si paga nulla sotto i 6000 euro di guadagno all’anno. Il sito però deve essere munito di Privacy Policy e termini di servizio, che bisogna farsi compilare da uno studio legale, oppure comprarlo (a cifre folli) dai siti che si occupano esclusivamente di questo cavillo legale. In poche parole: se qualcuno ti denuncia e non sei coperto, sei passibile penalmente.

Stai dimenticando la spedizione!

E poi, come li spedisci i volumi? La soluzione “Piego di Libri” delle poste italiane sembrerebbe una soluzione perfetta (circa 1,50 euro e puoi spedire libri dove vuoi in tutta Italia), ma sfora un attimo di peso e misure e dovrai affidarti ai corrieri espressi, che sotto i 6 euro a pezzo non si muovono. Se pensavi di vendere tuo fumetto sotto dieci euro, con delle basse tirature il tuo guadagno va a farsi benedire.

uno screen dal sito di poste italiane sulla spedizione "piego di libri"

Affidarsi a un distributore.

I distributori, come sappiamo, operano nel circuito librario. Per operare nel settore librario, il tuo fumetto deve essere obbligatoriamente munito del codice ISBN. Questa serie di numeri permette di identificare il tuo prodotto in modo unico. Ci sono molti problemi in realtà; partiamo dal meno cattivo. Il codice ISBN è legato indissolubilmente al formato del tuo fumetto, ossia la sua edizione. Lo stampi con la copertina rigida? È un formato. Decidi di fare un’edizione con copertina pieghevole? È un’altra edizione. Cambi un font perché hai scoperto un errore? È un altro codice. Lo pubblichi in formato digitale su Amazon? Un altro codice ancora. Fosse solo questo il problema, saremmo sereni. Quanto costa un codice ISBN? Beh, i casi sono due. Se sei un’azienda o un privato cittadino, come me, il codice costa 80 euro l’uno. Se sei una casa editrice, ossia partita iva con codice ateco editoriale, per 50 euro te ne porti a casa 10, se sei del gruppo E. Altrimenti le tariffe sono molto più blande. Quindi bisogna diventare una piccola casa editrice? Non diciamo stupidate, te lo spiego dopo.

Le percentuali dei distributori.

Supponiamo che il tuo prozio pirata delle canarie ti abbia donato in eredità un’infinità di codici ISBN e decidi di contattare un distributore. I distributori, di base, vogliono dal 50% (i meno cari) al 70% del prezzo di copertina (che decidi tu). In questa percentuale ci mangiano loro, e una piccola percentuale è lo “sconto” per il libraio (più o meno dal 15% al 30%, da sottrarre alla percentuale di prima). Poco male se il tuo fumetto finisce in libreria, no? NO. Perché il tuo fumetto verrà messo solo nel catalogo del distributore, e sarà premura del libraio ordinarlo oppure lasciarlo nella beatitudine. Se lo ordina è perché o ha delle ordinazioni dei suoi clienti (magari tuoi followers che sanno, previa pubblicità mirata, che pubblicherai con quel distributore), o perché è talmente affascinato da investire nel tuo bellissimo progetto.

Ci sono librerie e librerie…

Ah, c’è differenza anche tra libraio e libraio: le grandi catene, il famoso “mercato di varia”, non comprano il tuo fumetto dal distributore per poi rivenderlo. Lo tengono in conto vendita poche settimane (mesi, se se lo dimenticano), e se non lo vendono lo restituiscono al distributore (e cioè, tu non ci guadagni nulla). Le librerie indipendenti o i negozi di fumetti specializzati, invece, acquistano il tuo libro dal distributore (che lo paga a te), sganciano i soldi, fanno rischio d’impresa. E non lo fanno mai a caso: deve esserci qualcuno che al 99% lo compra, ossia l’ha già ordinato tempo prima. Capisci da te che se nessuno ti conosce, sa dell’esistenza del tuo libro e non lo ordina al suo libraio di fiducia, tu non venderai una copia. Le statistiche parlano chiaro: se riesci a vendere il 60% delle copie che hai messo in commercio puoi stappare una bottiglia e festeggiare per il tuo straordinario successo. Questa percentuale sottolinea il fatto che per guadagnarci devi calcolare l’assorbimento del costo di stampa + il 50% (o più) della parte del distributore + il pochissimo guadagno da reinvestire, tutto almeno nel 50-60% delle copie che hai stampato. E stiamo parlando di una previsione rosea.

I formati digitali.

I fumetti digitali, gli e-comics, potrebbero essere una buona soluzione. Non ci sono costi di stampa, di distribuzione, e la percentuale di guadagno per copia è altissima, molto più delle copie cartacee. Se li si vende nel proprio sito o blog i guadagni sono al 100% tuoi, e l’unico impedimento a questo è comunque essere in regola per quanto riguarda fisco e tasse. Se si decide di appoggiarsi ai grandi colossi degli e-book, come Amazon, Kobo e via dicendo, il tuo guadagno è il 70% del prezzo di copertina (ATTENZIONE! Nelle clausole di Amazon, ad esempio, c’è una “tassa” sul download. Amazon praticamente chiede 12 centesimi per ogni megabyte scaricato. Finché sono epub da 2 mega sai che roba, quando comincia ad essere un fumetto da almeno 60 mega i conti potrebbero non tornare). Comunque sia, a parole il fumetto online potrebbe essere la soluzione ideale, ma questo modello di business ha due grandissimi arcinemici.

lo screen dal sito di termini e condizioni d'uso sul download di file

#1: La mentalità.

La gente, o almeno, i lettori italiani non sono ancora stati istruiti sul reale valore di un’opera rispetto alla sua controparte cartacea. Ci sono moltissimi altri prodotti che hanno infranto questa barriera: i film, con i servizi on demand e streaming; i videogiochi, con piattaforme digitali come Steam, Xbox gamepass, Playstation Network, Epic Games store, ecc; la musica, con Amazon music, Spotify, Youtube e Itunes. Anche il mercato della narrativa si sta evolvendo, con Kobo e Amazon Kindle che si contendono il mercato librario digitale. E i fumetti? Comixology di Amazon domina il mercato anglosassone, e anche molto del mercato francese si può facilmente trovare nei principali store digitali. L’unica che non si vede è l’Italia, se non sparute e innovative case editrici. Ogni giorno nascono piattaforme già morte che si vantano di essere il “Netlflix dei fumetti”, supernove gestite malissimo che si schiantano nel giro di pochi mesi. In pochi ci provano, e tutti falliscono miseramente. È sinceramente inspiegabile perché la più grande casa editrice italiana di fumetti continui a puntare su un sistema sempre più precario come le edicole e non voglia digitalizzare il suo immenso catalogo per creare una piattaforma digitale.

#2: La pirateria.

Il secondo arcinemico, come puoi immaginare, è la pirateria. Ero sinceramente convinto che si piratassero solamente prodotti digitali molto ricercati o molto costosi. Mi sbagliavo. Nel mio precedente store avevo messo in vendita “Futura – parte uno” in versione digitale per la modica cifra di 8 euro. Durante marzo 2020 avevo deciso di renderlo disponibile gratuitamente per aderire alla solidarietà sul covid-19, ed ero riuscito a distribuirne circa 250 copie. Puoi immaginare il mio sgomento quando Google Alerts mi ha avvertito che il mio sudatissimo fumetto era già stato piratato e messo gratuitamente disponibile su una nota piattaforma di riviste e fumetti gratuiti. Era ovvio che sarebbe successo prima o poi, ma non avrei mai pensato che mi avrebbero preso di mira PRIMA di potermi creare una community fedele che potesse supportarmi. Avevo già perso in partenza. Questo fatto mi ha completamente abbattuto e demoralizzato.

Una guerra persa in partenza.

Una cosa che i grandi store online hanno capito è che la pirateria non si può combattere. È per questo che sono nate grandi piattaforme contenitore con dei piani di abbonamento. Un utente è più disposto a pagare una somma mensile/annuale per avere tutto a disposizione, senza grandi fatiche, piuttosto che scaricare illegalmente ogni singolo prodotto che gli interessa. Tutto questo sta funzionando con tutti i media possibili, tranne che con i fumetti.

La constatazione che non ti aspetti.

Penso che tu abbia capito il perché una casa editrice non sia molto propensa a puntare su fumettisti esordienti. In passato ero fortemente convinto che gli youtuber e le star dei social fossero il male assoluto, non capivo perché queste persone senza alcun merito artistico avessero i tappeti rossi stesi ai loro piedi, con editor pronti a sposarli per avere un contratto con loro. E li odiavo per questo, entrambi. Non capivo perché tantissimi artisti si prendessero a spintoni nei bassifondi delle fiere per incontrare editor che, anche se li avessero scelti, non avrebbero garantito loro un futuro. E non capivo perché i fumettisti navigati, quelli dei primi podi, fossero così restii a dare consigli o a incontrare gli esordienti, un’atavica paura di essere sbalzati fuori dal treno in corsa chiamato editoria.

Ora ho capito.

Piccoli fumettisti crescono.

Mi chiamo Leonardo Piantoni e sono un fumettista. Ho frequentato la scuola internazionale di comics di Brescia e da ormai più di dieci anni sto studiando il mercato per capire qual è il miglior modo per rendere della mia grande passione un lavoro, o almeno, una fonte di entrate. Nel corso degli anni ho collaborato con molti collettivi e realizzato parecchi fumetti, la stragrande maggioranza rimasti inediti. Nei miei studi ho cercato di seguire i consigli di tutti i professionisti con cui sono entrato in contatto, ho bussato alla porta di moltissime case editrici, sono stato in coda di file immense per avere dei colloqui e ho messo su carta decine e decine di progetti, la stragrande maggioranza dei quali non hanno mai visto la luce. Quindi, cosa diavolo ci faccio qui?

Il problema di fondo.

Sono sempre stato un artista selvatico. Mi definisco un autore completo: mi piace realizzare le mie storie dalla A alla Z, dalla sceneggiatura, ai disegni, ai colori, fino al lettering. È un modo simpatico per dire che sono un sadico maniaco del processo creativo. E questo sito è il magico mondo in cui posso realizzare tutto quello che mi passa per la testa, da Futura a Spicy Job.

Poco fa ho spiegato i motivi per cui un fumettista emergente ha enormi difficoltà a distinguersi dalla massa e a promuovere le sue opere. E la cosa mi riguarda in pieno. Ci sono strade alternative? Ci sono modi diversi per non perdere tempo e risorse per entrare in un mondo che, sulla carta, non da nessuna certezza? Dopo anni a studiare il mercato penso di avere capito qual è, davvero, il problema di fondo.

E il problema è il fumetto inteso solo come prodotto.

Avere un libro con il proprio nome appiccicato sopra.

Un fumettista emergente è fortemente convinto che lo scoglio più grande sia trovare un editore disposto a pubblicarlo, e che una volta trovato tutti i suo problemi saranno magicamente risolti. Il suo vero cruccio è vedere un libro col suo nome appiccicato sopra. È una pura manifestazione di vanità: forse per compiacere i suoi genitori, per far invidiare gli amici, per fare colpo sul partner. Il suo unico obiettivo è pubblicare. Lo so benissimo, perché lo pensavo anche io. E ti ho spiegato sopra perché è una convinzione che non porterà da nessuna parte.

I lettori sono la cosa più importante.

L’unica vera ricchezza di un fumettista o di un autore non sono i libri che portano il suo nome sopra: è la sua community. Sono le persone che si sono appassionate alle sue storie, alla sua arte, e che lo seguono. Sono i fan che gli scrivono e che gli commentano sui social, che lo promuovono quando parlano di lui con i loro amici, e sono disposti a pagarlo per avere dei disegni personalizzati da custodire gelosamente.

L’importanza di creare una community.

Le case editrici non spalancano le porte agli youtuber o ai geni di instagram solo perché hanno i numeri, ma perché sono riusciti a costruirsi una community. Perché, indifferentemente dalla loro abilità grafica o narrativa (che molto spesso è insufficiente), sono riusciti a creare un pubblico disposto a seguirli. Perché il loro obiettivo non è il loro nome stampato sulla copertina, ma far si che le loro idee e quello che hanno da dire raggiungano il più ampio pubblico possibile.

La pubblicazione non è IL traguardo. La pubblicazione è solo una conseguenza.

Forse non lo sai, ma sei un eroe.

Il fumetto è il linguaggio che ho scelto per raccontarti le mie storie. È quello che si avvicina più al mio essere, alla mia visione del mondo, e quello che mi aiuta ad esprimermi al massimo delle mie capacità. Se sei arrivato a leggere fino a questo punto (e pochi ci riescono) significa che sei una di quelle persone che capiscono perfettamente i problemi che affliggono questo medium e la difficoltà degli artisti nel promuoversi in un mondo così complesso. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, e di questo ti ringrazio.

Se sono riuscito a stuzzicare la tua curiosità, ti invito a visitare questo sito, dove troverai le mie storie autoprodotte e i progetti che sto portando avanti da molti anni. Troverai tutte le informazioni che ti servono nella mia home, basta cliccare il pulsante qua sotto. Grazie di cuore!

copertina dell'articolo sul test delle 100 pose per imparare a disegnare sul lungo periodo
Immagine di copertina su come fare i fumetti
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